IL DIRITTO DI VIVERE

Al centro della storia ci sono Sandro, Trishia e il loro gruppo di amici, cresciuti negli anni ’70.

Trishia è sempre stata spigliata e socievole. Sandro, al contrario, non si è mai sentito a suo agio in mezzo agli altri. Fin da bambino è stato preso di mira dai compagni di classe perché considerato “diverso”; troppo intelligente, troppo educato, troppo sensibile, è stato vittima di bullismo ed è cresciuto timido, introverso e insicuro.

Dotato di una mente brillante, a soli 24 anni Sandro realizza un software talmente innovativo da proiettarlo ai vertici di una promettente carriera. Sembra aver finalmente trovato la sua strada ma il successo professionale non basta a sconfiggere il nemico che si porta dentro. Benché circondato da persone che gli vogliono bene, è solo e incompreso nella sua famiglia, ed è solo anche dopo, quando se ne costruisce una sua, è solo quando si cura, è solo quando tenta di comunicare un malessere che si fa sempre più malattia. Per giunta deve imparare a districarsi in un sistema imprenditoriale corrotto e a difendersi da avversari senza scrupoli spesso nascosti sotto le false sembianze di amici e collaboratori. Ed è terribilmente lucido e consapevole. Il suo è un grido sussurrato, soffocato, che si fissa sulle pagine del diario che scrive e che non trova accoglienza vera da parte di nessuno, perché nessuno, se non la vive, può capire la sofferenza mentale. A nulla valgono i tentativi di vivere una vita “normale”, la malattia vince e l’uomo non può far altro che soccombere.

A questo punto, Trishia dovrà iniziare un lungo viaggio, rincorrendo le ombre del passato, seguendo i segni tracciati dal destino – coincidenze così strane da non poter essere ignorate – alla ricerca di una risposta che le giungerà in maniera inaspettata e del tutto imprevedibile.

Il diritto di vivere è una riflessione profonda su un tema ancora tabù nella nostra società. Una storia commovente e potente, capace di scuotere le coscienze, di farci interrogare su quanto siamo realmente disposti ad ascoltare chi soffre. Una lettura necessaria, intensa e dolorosamente autentica.

A volte la vita ci parla sottovoce, attraverso piccole coincidenze che sembrano casuali, ma che tornano, insistono, si intrecciano. Incontri inaspettati, frasi sentite per caso, eventi che si allineano come tasselli invisibili. Se impariamo a collegare i puntini, ci accorgiamo che forse non erano poi solo coincidenze. Nulla accade per caso, asseriscono i buddisti suggerendo che ci sia un disegno. Misterioso, sì, ma non privo di senso. Come se il nostro cammino sulla Terra fosse guidato da qualcosa che la nostra ragione non riesce a spiegare ma che ci porta inesorabilmente in una determinata direzione.

Incipit

E così eccomi qui, in mezzo a fagotti e scatoloni ad impacchettare ancora una volta stoviglie, suppellettili e un po’ della mia vita.

Avevo davvero creduto di potermi fermare questa volta. Mi ero illusa di essere finalmente giunta a destinazione, di poter gettare l’ancora in un porto sicuro, lasciandomi cullare dalla quotidianità. Suppongo capiti a molti. Arriva un momento, dopo le incertezze della gioventù, in cui l’esistenza sembra assestarsi e pensiamo sia destinata a scorrere lungo binari dal percorso lineare e prevedibile.

Ma il destino, si sa, si diverte spesso a farci cambiare percorso all’improvviso. A volte agisce come una brezza leggera, sussurrandoci all’orecchio, altre volte si presenta dirompente, con la forza di un uragano, ribaltando tutte le nostre certezze. Intesse trame sottili con abilità, quasi con ironia. Intrecciando sapientemente eventi, incontri, coincidenze apparentemente casuali, ci trascina esattamente dove vuole lui. Inutile tentare di resistere quando decide di sospingerci in una nuova direzione. È una lotta impari, perché per quanto ci aggrappiamo con tutte le nostre forze a ciò che conoscevamo, lui ha sempre l’ultima parola. Volenti o nolenti, siamo costretti a invertire la rotta, a reinventarci, a lasciare andare ciò che credevamo fosse per sempre.

E quando finalmente ci rendiamo conto del disegno, siamo già altrove e, guardandoci indietro ci chiediamo come siamo arrivati lì. Ci raccontiamo che sì, è stata una nostra scelta, che sì, abbiamo ponderato ogni passo. Ma in fondo, in quel luogo nascosto dove risiedono le verità che non vogliamo vedere, sappiamo bene che è stata una mano invisibile a muovere i fili.

E così eccomi qui, tra un passato da riporre in scatole e un futuro che, ancora una volta, si spalanca ignoto davanti a me. Non avrei mai pensato di dover affrontare un altro trasloco. Un fastidioso groppo mi serra la gola all’idea di lasciare questa casa che ho visto costruire mattone su mattone con la convinzione di trascorrerci il resto dei miei giorni. Tuttavia, devo ammettere che, oltre la malinconia, si sta risvegliando in me anche l’antica eccitazione che mi hanno sempre suscitato i cambiamenti inattesi. Avverto il sapore familiare di nuova linfa vitale che ricomincia a scorrere nelle vene. Dicono che finché si ha la forza di ricominciare daccapo la propria vita non si può invecchiare.

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